Occupazione e disoccupazione: ISTAT e “stampa libera”? Suvvia!
Il comunicato su occupazione e disoccupazione è fuorviante e strumentale. E la “stampa libera” non sa o non vuole leggere i dati.
Il comunicato ISTAT su occupazione e disoccupazione è strumentale. Il fatto vero è che aumentano occupazione e contratti a tempo indeterminato.
Il comunicato e la “nota metodologica”
Qui il testo del comunicato ISTAT. È il testo integrale con dati e grafici.
A pagina 8 del documento troviamo la “nota metodologica“.
Contiene il “metodo statistico” utilizzato da Istat per la rilevazione dell’occupazione e della disoccupazione.
Il problema è che nessuno la legge.
Chi piagnucola sull’attacco alla “libera stampa” dovrebbe leggerla. Vedrebbe che costruire titoli “a piacere” su occupazione o disoccupazione è un vergognoso esercizio di prostituzione intellettuale!
Inattivi, occupazione e disoccupazione: le “platee”
In termini di occupazione e disoccupazione la “platea” statistica (o popolazione) ISTAT si divide in sotto insiemi:
- Popolazione di riferimento
- Attivi ( o forze lavoro): chi lavora o cerca lavoro
- Occupato (chi ha un lavoro)
- Disoccupato (chi cerca un lavoro)
- Inattivi: chi non ha lavoro e non lo cerca. Sono gli sfiduciati, ma anche studenti, pensionati e inabili
- Attivi ( o forze lavoro): chi lavora o cerca lavoro
Con “popolazione di riferimento” ISTAT intende l’intero insieme della popolazione italiana fra i 15 e i 64 anni.
La “forza lavoro” (o “attivi”) è data dal numero di persone occupate o in cerca lavoro.
Gli inattivi (o “non forza lavoro”) rappresentano quella parte della popolazione che non ha lavoro e non lo cerca più.
I tassi
Secondo la “nota metodologica” il tasso degli occupati si rapporta all’intera “popolazione di riferimento” (il totale della popolazione italiana età compresa fra i 15 e i 64 anni).
Anche il tasso degli inattivi è in rapporto all’intera “popolazione di riferimento”. Il che è già strano perché in Italia si adempie all’obbligo scolastico al compimento dei 16 anni.
Ma c’è un tasso che stranamente non è in rapporto alla “popolazione di riferimento”.
Il tasso di disoccupazione è riferito alla sola forza lavoro (pagina 8 del documento)
rapporto tra i disoccupati e le corrispondenti forze di lavoro.
Cioè solo agli attivi.
Al contrario dei tassi di occupazione e inattivi, la disoccupazione si riferisce solo alla somma degli occupati e di coloro che cercano lavoro, senza considerare gli sfiduciati (inattivi).
Facciamo un esempio
Poniamo che la popolazione di riferimento sia pari a 100 persone.
Di queste
- 40 occupati
- 25 disoccupati
- 35 inattivi (sfiduciati)
Occupati e disoccupati costituiscono la “forza lavoro” quindi avremmo:
- 65 attivi (forza di lavoro)
- 35 inattivi
Gli inattivi sarebbero 35% perché si calcolano sulla “popolazione di riferimento” che nel nostro caso è 100.
Occupati e disoccupati varrebbero
- 40% di occupati perché si calcolano sul complesso della popolazione (100 persone)
- 38,46% di disoccupati perché si calcolano sulla “forza lavoro” (65 persone)
Se 10 persone sfiduciate tornassero a cercare lavoro, la “forza lavoro” salirebbe a 75 unità.
Il tasso di disoccupazione salirebbe al 46,67% ma il tasso di occupazione resterebbe invariato.
Basta che alcune migliaia di “pigri, bamboccioni e sfaticati” si mettano a cercare lavoro ed ecco che la disoccupazione aumenta.
L’ipotesi che coloro che non cercano lavoro siano disoccupati sfiduciati non è contemplata.
Per questa ragione utilizzerò qui le cifre assolute (il numero di unità) anziché “tassi” e percentuali.
Occupazione e disoccupazione: Le cifre assolute
I dati allegati al comunicato presentano una diminuzione degli inattivi rispetto a settembre 2018.
Il prospetto “per genere e condizione professionale” indica una diminuzione assoluta di 77.000 unità di inattivi rispetto a settembre 2018 e una diminuzione tendenziale pari a -143.000 unità.
Nello stesso periodo aumentano gli occupati (+9.000 unità) e pure i disoccupati (+64.000 unità).
Occupati per tipologia
Un altro dato interessante ci viene fornito dall’esame per posizione professionale
I lavoratori dipendenti aumentano di 25.000 unità, mentre gli indipendenti (partite IVA e contratti “atipici”) diminuiscono di 16.000 unità.
Probabilmente si tratta, quindi, di trasformazioni di contratti atipici in lavoro dipendente.
E pure permanente!
Infatti i contratti a tempo indeterminato incrementano di 37.000 unità e diminuiscono i contratti a tempo determinato (-13.000).
Sintetizzando abbiamo 37.000 nuovi contratti a tempo indeterminato di cui
- 13.000 per trasformazione da contratti a termine;
- 16.000 per trasformazione di contratti atipici
- 9.000 nuovi posti di lavoro.
Aumenta l’occupazione, specie in termini di lavoro a tempo indeterminato e aumenta pure la fiducia nella ricerca del lavoro.
La “catena di comunicazione”
Abbiamo visto che la condizione è quindi estremamente positiva. Parrebbe proprio che il Decreto Dignità stia funzionando secondo le aspettative.
Perché giornali e TV parlano solo di aumento della disoccupazione, che peraltro non c’è?
Funziona così:
- ISTAT emette un comunicato mettendo insieme cifre che si riferiscono a diverse platee e periodi di riferimento. Pertanto non comparabili perché non omogenei;
- Al comunicato già di per se non utilizzabile, ISTAT aggiunge un commento di estrema sintesi che evidenzia solo aspetti negativi:
La stabilità congiunturale dell’occupazione a ottobre è associata a una crescita della disoccupazione, in aumento per il secondo mese consecutivo, dopo l’ampia diminuzione registrata a luglio e agosto.
Aumentano i dipendenti permanenti, mentre si rileva una diminuzione degli indipendenti e dei dipendenti a termine, che registrano un segno negativo dopo sette mesi di crescita.
Nella media degli ultimi tre mesi l’occupazione è in calo rispetto al trimestre precedente.
Nell’arco dei dodici mesi la crescita occupazionale resta positiva, spinta soprattutto dai dipendenti a termine e concentrata tra gli ultracinquantenni.
Nessun giornalista legge i dati allegati al comunicato ISTAT?