Stato-mafia: una trattativa che non è mai esistita

Trattativa Stato-Mafia

Come può sussistere una trattativa Stato-mafia se lo Stato italiano, da Cassibile a oggi (e forse domani) è fondato dalla mafia?

Questa storia inizia con Pier Paolo Pasolini che scrive:

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il ’68 non è poi così difficile1.

Questa storia inizia con Giovanni Pellegrino, il presidente della Commissione parlamentare stragi, che dice:

Una cosa è certa: Pasolini era arrivato quasi in tempo reale laddove la Commissione, oggi, è giunta dopo anni e anni di ricerche2.

Pasolini, quindi, mettendo insieme pezzi disorganizzati e frammentati, ricostruì la logica dove regnava la follia. E riuscì nell’intento, costruendo un modello che si ripete e che, partendo dal “caso Mattei”, gli consentì di avere la corretta chiave di lettura degli avvenimenti degli anni ’60 – ’70.

Proviamoci partendo da un po’ prima. Proviamoci partendo dalla fine della seconda guerra mondiale e veddremo che il modello continua a reggere e potersi applicare fino ad oggi.

Un modello che si ripete sempre uguale a se stesso e sempre con le stesse, identiche, medesime forze in campo.

Questa storia, quindi, NON finisce con l’avv. Vito Guarrasi che, da vecchio, diventerà un estimatore di Silvio Berlusconi3. Va oltre e arriva a oggi.

Salterò a piè pari la stagione delle stragi e il “caso Moro”. A parte che ne ho già accennato qui e qui, mi riservo un approfondimento a se stante sul caso Moro.

1943 Luglio-Agosto. Sbarco in Sicilia.

È ormai consegnato alla storia e non più alle illazioni che lo sbarco in Sicilia fu organizzato da ampi settori della mafia siciliana.

Documenti desecretati di Churcill – e sui quali Cereghino e Fasanella hanno basato un eccellente libro inchiesta4 – espongono un sistema abbastanza complesso in cui gli inglesi, forti della precedente esperienza del 1860, ritentano la carta dell’aristocrazia e della massoneria, non tenendo conto di un evento che si sviluppò tra la fine dell’800 e l’inizio del 900: l’emigrazione di massa dal sud d’Italia verso gli Stati Uniti.

Ciò consentì agli Stati Uniti5 di avere a disposizione collegamenti diretti con le famiglie mafiose siciliane. Vantaggio che sfruttarono appieno.

Immediatamente prima della sottoscrizione del “trattato di Cassibile”, ad Algeri si tenne una riunione cui insolitamente partecipavano Galvano Branciforti Lanza di Trabia e Vito Guarrasi, un giovane avvocato palermitano.

Gli stessi Vito Guarrasi e Branciforti Lanza di Trabia presenzieranno alla sottoscrizione del trattato a Cassibile nel settembre del 1943.

Il PM Calia, che ha riaperto il caso Mattei nel 1994, scriverà che don Vito Guarrasi in quel contesto «rappresenta, in qualche maniera, gli interessi di Cosa nostra»6.

Guarrasi, quindi, è il rappresentante “istituzionale” di cosa nostra siciliana e partecipa alle trattative per l’armistizio, mentre l’attività di pianificazione tattica dello sbarco e dell’invasione era stata svolta da Calogero Vizzini. Vito Guarrasi e Calogero Vizzini costituiscono i capisaldi, le “teste di ponte” fra USA e mafia. Fra USA e Stato italiano. Fra USA e quello che gli USA hanno determinato sarebbe stato uno Stato-mafia.

L’avvocato Vito Guarrasi “costellerà” questa nostra storia.

Accordi OSS7 erano già intervenuti, per il tramite di Lucky Luciano, proprio con Calogero Vizzini (boss di Villalba e amministratore del feudo Polizello di proprietà della famiglia Lanza Branciforti).

Lo storico inglese Denis Mack Smith nel 1983 non poteva esimersi dal rilevare8

Allo stesso tempo la mafia fu restaurata nella sua vecchia posizione di potere. È stata spesso formulata l’accusa, e non è mai stato dimostrato il contrario, che questo corrispondesse a un piano deliberato dagli alleati per facilitare la conquista della Sicilia

Alcuni particolari della carriera di Lucky Luciano, Nicky Gentile e altri famosi criminali italo-americani conferiscono qualche attendibilità a questa storia. Vito Genovese, ad esempio, benché fosse ancora ricercato dalla polizia degli Stati Uniti in rapporto a molti delitti compreso l’omicidio, e sebbene avesse servito il fascismo in Italia durante la guerra, risultò stranamente essere un ufficiale di collegamento in una unità americana

Vizzini, il più noto dei capimafia superstiti, che era stato messo in prigione e finanziariamente rovinato sotto Mussolini, fu immediatamente nominato ad un posto di fiducia e d’influenza.

Il quasi analfabeta Vizzini e i suoi soci richiamarono in vita tutte le vecchie pratiche di clientelaggio, banditismo, terrorismo e omertà

Paolo Gentiloni9 Alberto Spampinato e Agostino Spataro scrivono in “Missili e mafia”10

Fu il colonnello Charles Paletti, esponente di rilievo della comunità italiana in America e accusato di traffici internazionali, a concretizzare il piano.

Nell’aprile 1943 egli si infiltrò segretamente in Sicilia, con la protezione e l’assistenza di Vito Genovese, un gangster di rilievo che nel 1936 era rientrato in Italia, dove vantava buone relazioni con i gerarchi fascisti. Abilmente, in poco tempo, Poletti riuscì a tessere una fitta rete di collegamenti con esponenti della mafia e del nascente separatismo siciliano. Divenuto formalmente «responsabile degli affari civili dell’amministrazione alleata (Amgot)» e di fatto governatore della Sicilia con pieni poteri, Poletti si servì proprio della collaborazione di questi personaggi. Sotto il suo regno, nella maggior parte dei comuni della Sicilia occidentale furono nominati sindaci esponenti separatisti e autentici mafiosi. Fra questi il latifondista Lucio Tasca, che divenne sindaco di Palermo, e don Calogero Vizzini, che fu liberato dal confino e divenne sindaco di Villalba. Furono riabilitati e scarcerati con grande generosità mafiosi e delinquenti comuni, che vennero fatti passare per perseguitati politici; in proposito, si è sempre sospettato che ciò sia avvenuto per effetto di un accordo segreto stipulato al momento dell’armistizio. La commissione antimafia, concludendo i suoi lavori nel 1976, dichiarò di non aver potuto chiarire questo mistero «per l’indisponibilità di documenti ufficiali », ma aggiunse che «è comunque fuori discussione [ … ] che la condotta degli Alleati, prima e dopo l’occupazione, costituì un fattore di primaria importanza per la ripresa nell’isola dell’attività mafiosa e che il movimento politico separatista, cui si appoggiò inizialmente il governo militare alleato, rappresentò una comoda copertura per le spregiudicate infiltrazioni mafiose e insieme lo strumento di cui inizialmente si servì il ceto dominante per la difesa dei suoi interessi».

E infatti, anche successivamente allo sbarco, a operazione ormai pienamente conclusa, ancora nel novembre 1944 si hanno tracce di incontri fra alti ufficiali americani e “personalità” dell’isola: Calogero Vizzini, Virgilio Nasi, Calogero Volpe, Vito Fodera e (di nuovo) Vito Guarrasi4.

Era amico di Emanuele Macaluso (PCI della corrente migliorista. Come è noto, è fraterno amico dell’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano). A proposito di questo legame fra Macaluso e Guarrasi, Beppe Niccolai scriveva:

Importante Vito Guarrasi per il PCI. Al punto che il 30 maggio ’74 […] Emanuele Macaluso, direttore de “l’Unità” inviò al ministro dell’interno un’interrogazione, chiedendo, in modo perentorio, l’allontanamento dal servizio dei questore Angelo Mangano perché costui, in dichiarazioni rese davanti alla Corte di Assise di Palermo, aveva osato dire, sul conto di Guarrasi, quello che oggi si trova scritto sui diari di Rocco Chinnici: Vito Guarrasi, la testa pensante della mafia in Sicilia11.

e ancora:

Ha scritto Leonardo Sciascia che non capiremo nulla della mafia se non faremo la storia delle miniere di zolfo baronali. Ebbene chi portò a termine l’impresa folle di trasferire queste miniere antieconomiche al potere pubblico con una girandola di miliardi a tutto vantaggio degli ex proprietari?
La legge regionale 13-3-59 numero 4. È un altro gioiello del Guarrasi che, amministratore dei baroni, riesce ad essere, in contemporanea, segretario generale del piano quinquennale per la ricostruzione della Sicilia, consulente della Regione e del PCI attraverso l’on. Macaluso e il giornale comunista “l’Ora” di Palermo, di cui è amministratore12.

Guarrasi nel tempo diventerà socio, amministratore, consigliere o sindaco di svariate (se non tutte) le società siciliane di rilievo, fra cui “L’Ora” (il quotidiano comunista per il quale scriveva Mauro De Mauro che, quando cominciò l’inchiesta privata su Mattei – su incarico del regista Rosi – era appena stato “declassato” da cronista di nera allo sport), Palermo Calcio e tantissime altre, ma anche delle società di rilievo nazionale operanti in Sicilia: Eni, Agip, Snam, Anic, Sir, Bastogi, Nuovo Pignone, Montedison (quando Cefis ne diventa presidente), Italtrade, Spartacus Film.

Nel febbraio del ’72 era nel Consiglio di Amministrazione della finanziaria GEFI, proprietaria del pacchetto di maggioranza dell’ex-Banca Loria, poi Banco di Milano di Michele Sindona, insieme all’avvocato Calogero Cipolla, all’epoca presidente del giornale (comunista) “l’Ora” di Palermo, consigliere di amministrazione del quotidiano (comunista) “Paese Sera”, fratello del senatore (comunista) Nicolò Cipolla, già membro della Commissione Antimafia11

Guarrasi lo incontreremo ancora nel corso di questa storia. Anzi ci accompagnerà e ne costituirà quasi il filo conduttore.

Adesso diamo una occhiata al “caso Mattei”.

Nella dinamica dell’omicidio, parte fondamentale ebbe Graziano Verzotto.

Era il responsabile delle Pubbliche relazioni AGIP in Sicilia, ma anche il sergretario Regionale della DC di Siracusa, nonché il segretario regionale della stessa DC.

Fu Verzotto a presentare a Mattei la necessità pressante del suo secondo viaggio in Sicilia pochi giorni dopo il primo, a rappresentare la “pericolosità” dell’aeroporto di Gela affinché l’aereo atterrasse (o almeno rimanesse in pernottamento) a Catania, nonché a distrarre il pilota – una volta giunto a Catania, dopo aver lasciato Mattei a Gela – insieme al cugino Gualtiero Nicotra che aveva già avuto abboccamenti con lo stesso pilota affinché entrasse a far parte della sua compagnia aerea (ALIS), nonostante questa fosse già in fallimento da anni e mantenuta in esistenza solo grazie a cospicui finanziamenti offerti dalle banche (sopratutto il Banco di Sicilia).

A quell’epoca, Verzotto era promanazione di Cefis.

Verzotto, quindi, in quanto responsabile PR di AGIP, non poteva non conoscere in dettaglio il viaggio di Mattei in Sicilia.

Non solo, sia nella veste di responsabile delle Pubbliche Relazioni in Sicilia, sia in quella di responsabile politico della DC, non poteva non sapere che Vito Guarrasi (componente il CDA dell’ANIC di Gela) non avrebbe di certo presenziato al CDA presieduto da Mattei.

Durante il viaggio, Mattei era accompagnato dal Presidente della Regione Siciliana D’angelo (DC), il quale era in guerra aperta con Guarrasi che aveva teorizzato e realizzato il precedente governo Milazzo13. La contemporanea presenza dei due, quindi, era assolutamente da escludere. D’Angelo, infatti, nel corso del pranzo aveva chiesto addirittura a Mattei di estromettere Vito Guarrasi dal CDA di ANIC e Mattei si era impegnato in tal senso.

Quando Verzotto suggerì (settembre 1970) a Mauro De Mauro di incontrare Guarrasi per avere informazioni sul viaggio di Mattei in Sicilia, perché lo fece?

Mauro De Mauro aveva avuto incarico dal regista Franco Rosi di ricostruire, a fini cinematografici, i giorni di Mattei in Sicilia.

De Mauro era amico di Verzotto che fornì con dovizia di particolari sue verità.

Cosa era accaduto, nel frattempo?

Graziano Verzotto, oltre che componente il CDA della SOFIS (la prima finanziaria pubblica istituita in Italia, nel 1958, con l’onnipresente Vito Guarrasi) era diventato presidente dell’Ente Minerario Siciliano (EMS)14.

Da quella posizione si era reso conto che le politiche di Mattei non erano poi così assurde e aveva intrecciato contatti diretti con i Paesi nord-africani per la costituzione di un metanodotto che avrebbe portato il gas dall’Algeria direttamente in Sicilia.

Questo progetto entrò in crisi in quanto Eugenio Cefis (ormai presidente ENI) aveva concluso un contratto di acquisto con la ESSO secondo il quale il gas libico di proprietà ESSO veniva liquefatto, caricato sulle navi e scaricato a La Spezia dove sarebbe poi stato rigassificato (a Panigaglia). Le metaniere sarebbero state di proprietà di Cefis e Cazzaniga (presidente ESSO Italia)6 . La differenza nei costi del gas è evidente. Attraverso la Sicilia sarebbe arrivato gas in Italia a meno della metà del prezzo del gas ESSO.

L’affare del gas ESSO era troppo importante per essere messo in discussione, per cui il piano di Verzotto era bloccato e Mauro De Mauro, quindi, arrivò da Graziano Verzotto al momento opportuno.

Incrociando i due elementi, non è complicato dedurre che Verzotto mandò De Mauro da Vito Guarrasi non perché questi potesse dargli informazioni, ma come “messaggio”15.

L’assassinio di De Mauro (il rapimento avvenne il 16 settembre 1970. De Mauro fu vittima della “Lupara bianca”, per cui l’esatta data di morte non è conosciuta), frantumò il progetto di Verzotto che, infatti, pubblicò un comunicato sul quotidiano locale chiarendo che “aveva capito”.

Dalle carte desecretate di Churchill4 sappiamo che effettivamente la questione energetica e petrolifera costituiva una preoccupazione fondamentale (insieme alla paura dei comunisti) per inglesi e americani.

C’è chi sostiene che questa motivazione non regge perché Mattei non era anti-americano. Ma ci mancherebbe. Non è una questione di razza. Non si può essere “anti-americani”. Abbiamo lo stramaledetto vizio di generalizzare, di “andare per dozzine”. Un errore che ripetiamo troppo spesso e che ci impedisce di cogliere i dettagli, le differenze che pure esistono anche all’interno di sparuti gruppi. Gli interessi dell’Italia e di Mattei contrastavano indubbiamente con gli interessi del cartello petrolifero, storicamente sostenuto – in ambito politico USA – dalla destra repubblicana.

A sostegno del ritrovato “feeling” di Mattei con gli americani, vengono portati due elementi.

  • L’accordo che sarebbe stato prossimo alla stipula fra Mattei e la ESSO per l’accesso al cartello petrolifero
  • L’incontro che Mattei avrebbe dovuto avere con John Kennedy nello stesso ottobre 1962 in cui venne ucciso

Ora, se del raggiunto accordo con la ESSO non ci sono tracce ufficiali, di Kennedy si. Venne anche lui ucciso l’anno seguente.

John Kennedy stava apportando alcune modifiche sostanziali al sistema americano.

Dopo aver firmato l’Ordine Esecutivo 1111016, John Kennedy proprio nell’Ottobre 1962 aveva emanato il “Kennedy Act” che eliminò per le società americane che operavano all’estero la distinzione tra i profitti rimpatriati e quelli reinvestiti fuori dal territorio nazionale. Haroldson Lafayette Hunt, l’uomo del Texas, il più grande propagandista americano d’estrema destra, definì un «delitto» quella politica.

I profitti degli investimenti petroliferi all’estero, infatti, crollarono dal 30% al 15%. Ma Kennedy voleva fare di più: l’abolizione dell’esenzione tributaria pari al 27,5% sui guadagni petroliferi quale “compensazione dell’esaurimento delle riserve petrolifere”17.

Quindi, quali altri alleati al mondo poteva trovare John Kennedy se non Enrico Mattei?

Peraltro, non si comprendono le ragioni per cui Tommaso Buscetta, pentito eccellente e attendibilissimo per tutte le altre sue rivelazioni, rimase inascoltato quando affermò4:

Il primo delitto “eccellente” di carattere politico ordinato dalla commissione di Cosa nostra, costituita subito dopo il 1957, fu quello del presidente dell’Eni Enrico Mattei. In effetti, fu Cosa nostra a deliberare la morte del Mattei, secondo quanto mi riferirono personalmente alcuni dei miei amici che componevano quella commissione, come Greco Salvatore “Cicchiteddu” e La Barbera Salvatore. L’indicazione di uccidere Mattei giunse da Cosa nostra americana, attraverso Bruno Angelo (autorevole esponente della famiglia di Filadelfia), che chiese questo favore a nome della commissione degli Usa e nell’interesse sostanziale delle maggiori compagnie petrolifere americane. La decisione fu presa senza l’opposizione di alcuno, e gli unici rilievi riguardarono le modalità di esecuzione dell’omicidio e la scelta degli uomini d’onore cui affidare il compito. Fu deliberato di non usare armi da fuoco per lasciare nel dubbio la matrice del crimine, e pertanto si pensò di simulare un incidente aereo per lasciare l’episodio avvolto nel mistero-

È estremamente logico che la richiesta venisse avanzata tramite Angelo Bruno in quanto questi teneva i contatti con don Calogero Vizzini, suo compaesano di Villalba.

Nella vicenda Mattei, quindi, oltre a Vito Guarrasi, torna anche Calogero Vizzini, i due riferimenti che venti anni prima avevano reso possibile lo sbarco e la sottoscrizione del trattato di Cassibile.

E ci sono anche altri indizi a suffragare. Proprio negli stessi giorni in cui lo era Mattei, anche Carlos Marcello si trovava in Sicilia.

Carlos Marcello (al secolo Calogero Minacori) era un potentissimo boss della mafia italo-americana, strettamente connesso con la CIA e … implicato nell’assassinio Kennedy18.

Probabilmente Pier Paolo Pasolini partì dal caso Mattei perché gli ambienti, le forze in campo sono tutte visibili. Sono le stesse forze che che erano presenti a Cassibile e che, come vedremo, segneranno settant’anni di storia italiana.

Il “modello” Mattei, quindi, è sempre perfettamente ripetibile e rinvenibile, ma non era ancora “organizzato” come lo sarebbe stato successivamente.

Dopo venti anni dal trattato di Cassibile, per la prima volta, emergeva che la subordinazione dell’Italia dipendeva solo dagli uomini che ne determinavano il destino.

Emergeva che per l’Italia sarebbe ancora stato possibile alzare la testa e occorreva organizzarsi per l’evenienza.

Dopo il caso Mattei, prende avvio l’organizzazione della repressione di qualsiasi singulto di orgoglio nazionale. La vicenda aveva rivelato che la subordinazione, la limitazione di sovranità imposta a Cassibile e confermata a Yalta non era definitiva, non era solida.

Era ancora possibile, per l’Italia autodeterminarsi.

Furono, quindi assunte le contromisure.

Eugenio Cefis fondò la P2. Veniva così costituita la struttura che avrebbe esteso le funzioni fin li attribuite alla sola mafia e nasceva Gladio.

La P2 a costituire il punto di raccordo e di trasmissione delle decisioni (assunte, comunque, fuori dai confini nazionali) ai gangli del potere italiano che diventava, così, meramente esecutivo.

Politici, giornalisti, editori, alti funzionari dello Stato, comandanti delle Forze armate e di polizia, potere economico … e sopratutto servizi segreti.

È importante sottolineare un concetto, però: La P2 non era Licio Gelli e Licio Gelli non era la P2 come non lo era stato Eugenio Cefis e come non lo sono coloro che gli sono succeduti.

Gelli, spiega l’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino2, era solo una sorta di “direttore generale”. Le decisioni venivano prese altrove. Considerate le finalità e le motivazioni per cui è stata costituita, non è difficile immaginare che le decisioni fossero (e sono) prese all’estero.

Continuo ad usare il passato insieme al presente in quanto sono pienamente convinto che la P2 non abbia mai cessato di esistere.

Anzi, proprio in questi tempi sta avvenendo, probabilmente, un altro passaggio di testimone.

Mentre Cefis fondava la P2, era necessario ampliare la struttura “militare”. La mafia da sola non poteva garantire gli interventi “armati”.

E infatti, nel 1965 nasceva anche Gladio (stralcio dell’intervista a Pellegrino)2:

Il punto di svolta può essere certamente individuato nel convegno organizzato dall’Istituto Pollio, un istituto di storia e strategia militare, diretta emanazione dello Stato Maggiore delle Forze Armate, con a capo il generale Giuseppe Aloja. Quel convegno, svoltosi dal 3 al 5 maggio 1965 all’hotel Parco dei Principi di Roma, non è un fatto episodico, ma è parte di un filone culturale che aveva avuto una sua maturazione negli anni precedenti e che poi durò almeno fino ai primissimi anni Settanta. Siamo di fronte non solo all’ossessione del pericolo comunista, ma anche a una vera e propria fobia per la distensione, percepita sostanzialmente come un cavallo di Troia, attraverso il quale il comunismo puntava ad abbattere la fortezza dell’Occidente. La Guerra rivoluzionaria, questo era il titolo del convegno, che ci veniva mossa dall’Est, non era più una guerra convenzionale, ma piuttosto una guerra di penetrazione nei gangli vitali della società: la televisione, la cultura, le università. Quindi, a questo attacco subdolo si poteva rispondere solo con una guerra controrivoluzionaria, alla cui teorizzazione e organizzazione il convegno era rivolto.
Chi partecipò a quel convegno?
Giornalisti di estrazione fascista come Guido Giannettini, Enrico De Boccard, Eggardo Beltrametti, legati al vertice dello Stato Maggiore delle Forze Armate e noti per le loro simpatie verso le imprese dell’Oas. Ivan Matteo Lombardo, uscito dal Psi nel 1948. Vittorio De Biase, braccio destro di Giorgio Valerio, amministratore delegato della Edison, uno dei più strenui avversari della nuova stagione del centrosinistra. Tra i militari, spiccavano il generale dei paracadutisti Alceste Nulli-Augusti e il colonnello di artiglieria Adriano Magi Braschi, al tavolo della presidenza con il consigliere della Corte d’Appello di Milano, Salvatore Alagna. Poi, Pino Rauti, che parlò della Tattica della penetrazione comunista in Italia,e Giorgio Pisanò, la cui relazione era invece Guerra rivoluzionaria in Italia 1943-1945. C’era poi un gruppo di <studenti>, selezionati apposta per partecipare al convegno, Stefano Delle Chiaie, per esempio, che però ha smentito, secondo me in maniera poco credibile, di aver fatto parte di quel gruppo; e Mario Merlino, il futuro <anarchico> di Piazza Fontana. Probabilmente erano gli stessi che qualche anno dopo furono inviati nella Grecia dei colonnelli, per uno stage di approfondimento
Sta dicendo che il professor Filippani Ronconi era un uomo dei servizi segreti?
Gli esperti di sanscrito sono estremamente ricercati dagli apparati di intelligence…Tutto il convegno comunque era ispirato , organizzato e finanziato dal Servizio segreto militare. Su questo non c’è il minimo dubbio. Filippani Ronconi, dunque, tenne una relazione in cui enunciava in modo estremamente chiaro un’organizzazione controrivoluzionaria strutturata su tre livelli. Quello che è interessante è che un piano analogo sia stato poi rintracciato tra i documenti di Gladio. Entrambi i piani prevedevano infatti organizzazioni con vertici istituzionali prevalentemente militari finalizzati però all’addestramento di personale civile, che avrebbe dovuto costituire l’ossatura delle cellule controrivoluzionarie contro il comunismo.
Che cosa accadde in quel convegno? Ci si limitò a teorizzare la guerra controrivoluzionaria o vennero elaborati anche veri e propri piani di azione?
Non ci si limitò a una teorizzazione generale. Come abbiamo visto, l’intervento di Filippani Ronconi era già un piano definito nei dettagli. Comunque, l’idea di fondo emersa da quel convegno era la sfiducia che le istituzioni democratiche fossero sufficienti a contrastare il comunismo. Era necessario mettere in campo metodi diversi. Quindi, proprio nel momento in cui si affermava la politica della distensione, e di conseguenza la nostra frontiera interna ed esterna diveniva meno aspra, quelle forze, a disagio nel nuovo clima, rilanciavano la loro strategia offensiva. Quel convegno è stato spesso interpretato come l’inizio di qualche cosa. In realtà, secondo me, è effettivamente il punto di partenza della futura strategia della tensione; ma, al tempo stesso, anche il punto d’arrivo di una vicenda cominciata nell’immediato dopoguerra.

La mafia (o, quanto meno, larga parte di essa) mantenne e mantiene fino a oggi non solo la funzione di Gladio in Sicilia, ma una certa “predominanza” sulle strutture insistenti nel resto del Paese.

Al finanziamento di queste strutture si provvedeva, oltre che con la marea di fondi provenienti dalla CIA, anche con i fondi neri Montedison.

Per quanto riguarda i cospicui finanziamenti alla P2 da parte della CIA, rinvio a una perla (rara) del giornalismo italiano: il reportage di Ennio Remondino19 andato in onda su Rai1 nell’estate del 1990.

Sui fondi neri della Montedison utilizzati nel 1970 per finanziare, occorre ricordare che dalla fusione di Montecatini e Edison nacque Montedison e Enrico Cuccia (Mediobanca – cugino dell’avv. Vito Guarrasi) mise Giorgio Valerio (il cui braccio destro aveva presenziato al “convegno” dell’Istituto Pallio) alla presidenza.

La Montedison finanziava nel 1970 il terrorismo economico e i nostalgici del ventennio; e lo faceva con dei fondi neri gestiti direttamente dal presidente Valerio (Angiolo Silvio Ori “L’affare Montedison, un giallo all’italiana” ed Settedidenari).

Dal 1971 al 1977 a dirigere Montedison fu direttamente Eugenio Cefis il quale, senza alcun apparente motivo, nel 1977 lascia tutto e si ritira a vita privata in Svizzera. C’è chi sostiene che stessero per arrestare lui e il suo protettore politico: Amintore Fanfani.

Le grandi società di Stato e miste, comunque, hanno costituito il serbatoio di denaro e di potere.

Un potere che, finché è stato in vita, è stato gestito da Enrico Cuccia. Mediobanca era Cuccia e Cuccia era Mediobanca. Mediobanca nacque con Cuccia e con la morte di Enrico Cuccia esaurì il suo potere.

Ma Enrico Cuccia non gestiva il suo potere da solo. Suo cugino, l’avv. Vito Guarrasi da Palermo (Mondello, per la precisione) costituiva l’ultima spiaggia, se è vero quanto riporta il solitamente bene informato Dagospia20 (cominciamo, così, a mettere altri tasselli per delineare l’immagine dell’avvocato palermitano meglio noto come “Mister X”):

Il vecchio sodale Macaluso, da direttore dell’Unità, invia al ministro dell’Interno un’accalorata reprimenda contro il questore Angelo Mangano, colpevole di aver pubblicamente definito l’avvocato la testa pensante della mafia. Chissà se i notabili comunisti avrebbero mantenuto l’identico parere qualora li avessero informati che il pupillo fungeva da camera di compensazione, anche al di fuori della Sicilia, negli equilibri instabili dei massimi poteri, dove il capitalismo assume la fisionomia più torva. Un episodio lo dimostra appieno: la perentoria convocazione, a metà degli anni Settanta, di Cefis, Girotti e Rovelli nella splendida villa di Guarrasi a Mondello.
I tre, rispettivamente presidenti della Montedison, dell’ENI e della SIR, la piú grande impresa chimica privata, da tempo guerreggiavano di brutto per assicurarsi i proventi del mercato all’epoca piú pingue. È stato Cuccia a suggerire, cioè a ordinare, che raggiungano Palermo e si affidino alle arti magiche dell’avvocato per trovare un’intesa. I tre hanno ubbidito con celerità. I loro aerei privati li hanno sbarcati a Punta Raisi, auto scure li hanno condotti a destinazione. Dopo lunghe ore l’accordo è stato siglato, ma il vertice e i suoi protagonisti rimarranno a lungo ignoti.
L’aneddoto serve pure a smentire che Guarrasi e Cuccia, parenti alla lontana (uno zio dell’uno ha sposato una zia dell’altro) s’ignorassero. Tutt’altro: erano due facce dello stesso, silenzioso potere esercitato con ogni mezzo.

Da vecchio, l’avv. Guarrasi divenne estimatore di Berlusconi22. Non c’è da stupirsi, considerato che

  • Con il padre di Marcello Dell’Utri costituì in una società di rappresentanze di medicali (Ra.Spe.Me.)
  • Gianfranco Graziadei, del Servizio Italia della Banca Nazionale del Lavoro – una delle casseforti utilizzate da Cefis – continuerà a servire Gelli e Calvi e finanzierà le prime holding di Silvio Berlusconi (iscritto alla P2 fin dal 1978)6.
  • Nella sua lunga richiesta di archiviazione sulla morte di Mattei, parlando del coinvolgimento di Eugenio Cefis, il pm Calia non può fare a meno di citare un rapporto della guardia di finanza, secondo cui una delle società accomandanti della Edilnord Centri residenziali, dell’avvocato Umberto Previti, padre di Cesare (già Edilnord Sas di Silvio Berlusconi & C, una delle prime società del Cavaliere di Arcore), con sede a Lugano, si chiama Cefinvest6.
  • È noto che Licio Gelli, alla domanda “Chi potrebbe portare avanti il piano “Rinascita” della loggia P2?” L’ex maestro venerabile Licio Gelli non ha il minimo dubbio: Silvio Berlusconi23.

Quest’ultima affermazione era del 2008. Dobbiamo ammettere che larghissima parte del “Piano di rinascita democratica” è stata realizzata e Silvio Berlusconi si è dato molto da fare.

Ha perfino finanziato, insieme a Ligresti, l’organo di informazione del gruppo “migliorista” (Giorgio Napolitano, Emanuele Macaluso & Co.) del PCI-PDS-DS-PD, “Il moderno” che, per inciso, non ha mai stampato più di 500 copie.

Ma, a quanto pare, anche la parte vincente della mafia siciliana, i corleonesi, l’ala “filo-atlantica” della mafia ha, come al solito, fatto la sua parte per raggiungere l’obiettivo:

Le stragi del 1993 vennero chieste a Leoluca Bagarella da Silvio Berlusconi e da Marcello Dell’Utri tramite Vittorio Mangano.

A dirlo è il pentito Giuseppe Monticciolo, del clan di Bagarella24.

Cosa era successo, così all’improvviso? Ancora una volta, forse, la risposta la troviamo agli atti del Giudice Calia6

In una nota del 26 novembre 1994, il Nucleo regionale di polizia tributaria di Palermo, informa il prefetto che «il comando generale della guardia di finanza ha comunicato […] di aver appreso da organo qualificato (il Sismi), che nell’ambito di Cosa nostra siciliana e palermitana in particolare, da qualche tempo si starebbe verificando una sorta di fermento tendente a modificarne nella sostanza gli indirizzi e le linee strategiche. Sfuggono al momento le esatte motivazioni e connotazioni, ma non sarebbe estraneo a una sorta di occulta regia il ruolo dell’anziano avvocato palermitano Guarrasi Vito».

Poteva mancare Guarrasi Vito?

Se così fosse, significherebbe che sono i retaggi di di quel settembre 1943 ad aver favorito un nuovo “sbarco”?

Se così fosse significherebbe che il “modello Pasolini” continua ad essere attuale?

Significherebbe che le bombe del 1994, subito dopo il terremoto “Mani Pulite”, sono servite a “stabilizzare”?

Significherebbe che pure la Lega di Bossi e Miglio (che, come abbiamo visto, era legato a Cefis) hanno avuto (e hanno) un ruolo25 ?

Se così fosse, l’obiettivo è stato centrato. Il popolo, come gregge impaurito, ha scelto e santificato Berlusconi.

La bravissima Rita di Giovacchino, quasi alla fine del suo “Il Libro nero della prima Repubblica” si pone una domanda per la quale temo di avere risposta:

Però a un certo punto le stragi si sono fermate e anche i progetti di frantumare l’Italia non hanno avuto seguito. Eppure, il 22 dicembre 1994, il “ribaltone” ha portato alla caduta del governo Berlusconi e, in nome dell’alternanza politica, è subentrata una coalizione di centrosinistra che ha visto, nientemeno, l’ingresso degli ex comunisti al governo. Ma non ci sono state altre bombe: come mai? Forse per colpa dei pentiti che stavano parlando, forse per colpa dei magistrati che hanno spedito in carcere migliaia di boss. Forse perché la mafia aveva pagato un prezzo troppo alto alla strategia di “attacco al cuore dello Stato” e ha detto basta, liquidando Totò Riina.

La risposta la troviamo nei cablo di wikileaks e conferma la validità del “teorema Pasolini”.

La risposta sta nel fatto che Berlusconi ha davvero quasi compiuto il Piano di Rinascita Democratica. È riuscito a organizzare un sistema in cui non ci sono differenze fra le forze politiche. Come possiamo leggere in quel cablo, per l’Ambasciata USA fra Berlusconi e Veltroni non c’erano già differenze. L’agenda di Governo l’avevano già scritta in Ambasciata e sarebbe stata portata avanti a prescindere da chi avesse vinto le elezioni.

E oggi che Silvio Berlusconi pare essere in secondo piano?

C’è da chiederlo? Basta guardare le forze in campo e gli effetti delle “riforme Renzi”:

Forze in campo:

  • Tutto lo schieramento della destra estrema USA. Da Ledeen (consulente esteri e amico di Matteo Renzi) alla Nuland, a Kissinger (grande amico del nostro Presidente Napolitano, il “comunista preferito” di Kissinger, gruppo dei “miglioristi” di cui ho precedentemente accennato)25;
  • I grandi potentati economici, direttamente rappresentati nel “gruppo ristretto” degli amici di Matteo Renzi da Davide Serra e Yoram Gutgeld25
  • “Pax” mafiosa e stragistica.

Effetti:

  • Inserimento degli ultimi tasselli mancanti alla piena realizzazione del Piano di Rinascita Democratica: la destrutturazione della Costituzione;
  • Nessuna politica estera che non sia quella gradita ai “falchi” USA;
  • Rinuncia a politiche energetiche alternative (solare, eolico … ) che, per la struttura e la posizione dell’Italia, consentirebbero di produrre energia a basso costo in quantità tale da assicurare non solo l’indipendenza energetica, ma l’esportazione dell’eccedente;
  • Trivellazione del territorio alla ricerca di gas e petrolio a uso e consumo delle grandi compagnie petrolifere inglesi e americane;
  • Nessuna politica economica che consenta a questo sciagurato Paese e al suo popolo di poter avere una dignità propria;
  • Totale assoggettamento ai diktat provenienti dall’Ambasciata USA25

In una sola frase, l’antitesi della politica propugnata e intrapresa da Enrico Mattei.

Il Consolato USA di Napoli il 15 giugno 2009 segnalava (alle agenzie di intelligence, prioritariamente: Central Intelligence Agency e Defense Intelligence Agency) che c’era un problema con la Sicilia

As host to an important U.S. Navy base, location of recently discovered gas reserves, and home to 17,000 U.S. citizens, Sicily’s future is clearly of interest to the United States.

Political grandstanding blocked an American gas drilling operation last year, and threatens to at least delay an important U.S. Navy satellite communications system.

In quanto ospita una importante base della marina americana (ma Sigonella, è base NATO o americana? n.d.r.), luogo in cui sono state recentemente scoperte riserve di gas e vi vivono 17.000 cittadini americani, il futuro della Sicilia è chiaramente di interesse degli Stati Uniti.
Il protagonismo politico ha bloccato le trivellazioni per il gas, l’anno scorso, e minaccia di ritardare un importante sistema di comunicazione satellitare della marina americana (ancora una volta mi chiedo. Il MUOS è NATO o americano? La risposta la conosco già. Americano con l’aiuto del loro “campione” dei rapporti interagenzia n.d.r.)

Tutto risolto, no? Certo che si.

Tra “sblocca Italia” e Saro Crocetta …

Stato-mafia: le trivellazioni in Sicilia

Il piano predisposto a Cassibile e Yalta, viene compiuto dopo settant’anni dal “giovane” Matteo Renzi con la benedizione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La trattativa “Stato-mafia”? Non c’è mai stata. Una trattativa si svolge fra soggetti che, almeno apparentemente, si trovano in una condizione di parità.

Parità che nel binomio Stato-mafia non esiste. È stata la mafia a costruire questo Stato. Per volere degli USA.


1 Cos’è questo golpe? Io so – Pier Paolo Pasolini su “Corriere della Sera” del 14 Novembre 1974
2 Giovanni Fasanella e Claudio Sestrieri con Giovanni Pellegrino – “Segreto di Stato” – Ed. Gli Struzzi
3 http://www.ilfoglio.it/articoli/v/22219/rubriche/lavvocato-dei-misteri-storia-segreta-di-vito-guarrasi-di-marianna-bartoccelli-e-francesco-dayala.htm .
4 Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella – “Il golpe Inglese” – ed. tascabili Chiarelettere
5 Ancora una volta chiarisco che con “Stati Uniti” non mi riferisco di certo al territorio. Ma non mi riferisco neanche a “Governo degli Stati Uniti”. Con “Stati Uniti” faccio sempre riferimento a quegli ambienti contigui e in “mutuo soccorso” con le aziende petrolifere, che hanno infiltrato fortemente la CIA e che gestiscono la NATO. Mi riferisco all’estrema destra repubblicana USA
6Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza – Profondo Nero – ed. Chiarelettere
7Precursore della CIA. Da questo momento, per evitare confusioni, per indicare l’organismo di intelligence americana utilizzerò solo CIA
8Denis Mack Smith “Storia della Sicilia medievale e moderna” – ed. Biblioteca universale Laterza (1983)
9Ebbene si. Ci fu un tempo in cui Paolo Gentiloni era un giornalista d’inchiesta. Quale percorso abbia seguito per diventare adesso quel che è rimane un mistero
10Paolo Gentiloni, Alberto Spampinato e Agostino Spataro con prefazione di Achille Occhetto “Missili e mafia – La Sicilia dopo Comiso” – Editori Riuniti
11 http://www.beppeniccolai.org/Mafia_potere.htm .
12 http://www.beppeniccolai.org/Mafia_criminalit%C3%A0_potere_politico.htm.
13 Il Governo Milazzo. Con la regia di Guarrasi e in pieno accordo con Emanuele Macaluso (corrente “migliorista” del PCI di cui faceva parte anche Napolitano), nel 1958 Milazzo (DC) si staccò dalla DC e costituì una maggioranza di governo all’ARS in cui l’unica opposizione era costituita da larghi pezzi della DC. È il primo governo siciliano a chiara matrice mafiosa. Questo Governo vide insieme esponenti del PCI e del MSI, alleati “in nome dei superiori interessi dei siciliani”, dissero il segretario regionale del PCI Emanuele Macaluso e il capogruppo all’Ars del MSI Dino Grammatico. In quell’anno iniziarono i lavori per la costruzione della base NATO di Sigonella.
14 Ente Minerario Siciliano: ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, è stato costituito con la legge della Regione Siciliana n. 2 dell’ 11 gennaio 1963 con lo scopo di promuovere: la ricerca, la coltivazione, la trasformazione ed il collocamento commerciale delle risorse minerarie esistenti nel territorio della Regione, ed in particolare degli idrocarburi liquidi e gassosi, dello zolfo e dei sali potassici; l’Ente può esercitare anche direttamente attività di studio e di ricerca scientifica e tecnica; l’Ente può altresì partecipare ad iniziative tendenti ad assicurare nuove fonti energetiche per lo sviluppo economico dell’isola. Dal gennaio 1999 è in liquidazione, ma ancora fino al 2014 è un centro di spesa non indifferente: http://www.espi-ems.it/index.php?option=com_content&view=article&id=14&Itemid=10 anche in termini di attribuzione incarichi esterni: http://www.espi-ems.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3&Itemid=4 .
15 Nel marzo del 2010 Dell’Utri (che qui reincontreremo), appassionato bibliofilo, dichiarò in un’intervista a Il Tempo di essere in condizione di ritrovare il capitolo scomparso di Petrolio, il libro incompiuto di Pasolini. Il capitolo s’intitolava Lampi sull’Eni e sarebbe la chiave di volta del romanzo a cui l’intellettuale stava alacremente lavorando prima di essere massacrato sul lungomare di Ostia. Dell’Utri ha raccontato al fattoquotidiano.it di essere stato avvicinato a Milano durante una mostra da un oscuro personaggio che gli avrebbe rivelato di essere in possesso del capitolo svanito. Ma non avendo dato molto peso al misterioso emissario, il senatore lo avrebbe liquidato lasciandogli soltanto il suo biglietto da visita (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/05/caso-mauro-interrogato-marcello-dellutri-chiave-capitolo-scomparso-petrolio/175414/). Ragionando sulle modalità in cui il tutto sarebbe avvenuto, mi pare assai improbabile che un bibliofilo come Marcello Dell’Utri possa essersi lasciato sfuggire una tale gemma. La mia opinione personale è che, analogamente a Verzotto, Marcello Dell’Utri abbia lanciato un messaggio.
16 Con il quale il Tesoro americano si riappropriava della funzione di stampa della moneta sottraendola alla FED
17  I Kennedy – la dinastia che ha segnato un secolo” – 2012 ed. Newton Compton Editori
18 RAI – La storia siamo noi – “La guerra del petrolio – Il caso Mattei” Gianni Minoli http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/la-guerra-del-petrolio/487/default.aspx .
19 Qui la playlist con l’inchiesta integrale https://www.youtube.com/playlist?list=PLF243CBCA3E789AD5 . Per quel’inchiesta, Cossiga (Presidente della Repubblica) scrisse ad Andreotti (Presidente del Consiglio) una lettera che sostanzialmente diceva: “se il governo ritiene le accuse fondate,interessi la commissione parlamentare sulle stragi e riveda i rapporti bilaterali con gli Stati Uniti; se invece, dopo attenta valutazione, il governo ritiene infondate, avventate e temerarie le informazioni trasmesse dal TG1, interessi al caso l’autorità giudiziaria e valuti le responsabilità amministrative dei dirigenti della RAI.”. Andreotti tenne quella lettera nel cassetto per tre settimane, fino a che non venne pubblicata da Panorama. Riferì in Parlamento il 1 agosto 1990 limitandosi, però a parlare di “atteggiamento provocatorio veramente inusuale”. Ciononostante, Remondino e tutto lo staff furono cacciati dalla RAI. Nuccio Fava, il direttore di RAI 1, destituito e sostituito con il docile Bruno Vespa.
20 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/storia-vita-don-vito-guarrasi-uomo-piu-segreto-fatima-boss-41204.htm .
22 http://www.ilfoglio.it/articoli/v/22219/rubriche/lavvocato-dei-misteri-storia-segreta-di-vito-guarrasi-di-marianna-bartoccelli-e-francesco-dayala.htm
23 http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/280000/276817.xml?key=Maria+Vittoria&first=31&orderby=0&f=fir .
24 http://www.lettera43.it/cronaca/41552/berlusconi-mandante-delle-stragi-del–93.htm .
25 Vedi svariati post su questo stesso blog basati su cablo wikileaks e altre fonti sempre citate